JOURNALING Quando scrivere è molto più che un gesto.
Fin dall’antichità, l’essere umano ha sentito il bisogno di lasciare un segno del suo passaggio, un resoconto delle sue credenze o una memoria delle sue gesta.
La scrittura ha attraversato diversi passaggi evolutivi: i segni, che all’inizio erano la rappresentazione visiva di un oggetto (si disegnava un piede per indicare un piede), sono diventati concetti (un piede poteva indicare il camminare), ed infine si sono trasformati in singoli segni astratti capaci di includere ogni pensiero (cioè ogni lettera è un segno ed un suono combinabile).
Questa rivoluzione, inizialmente volta ad uso pratico, diventa in tempo breve una biblioteca di sapere e di storia: le memorie di Adriano, la filosofia di Platone, i prontuari medici, i testi sacri.
Possiamo dividere la scrittura in diversi rami, tra cui i trattati scientifici, i diari delle memorie, i testi religiosi e le opere teatrali poi divenute narrative.
E’ solo negli ultimi vent’anni che la scrittura ha smesso di essere vista come mero atto pratico per essere approfondita, visti i suoi possibili beneci ed il suo sostegno in ambito terapeutico.
Seppur in ambito psicologico e creativo la scrittura venisse da sempre usata come pratica di rilascio e di analisi degli eventi, come strumento di liberazione ed espressione, è solo nel 1960 che uno psicologo newyorkese, il dottor Ira Progoff, iniziò ad offrire seminari e lezioni sull’uso di quello che viene chiamato “Diario Intensivo”, ovverosia l’origine dell’odierna pratica del journaling.
A differenza della tradizionale scrittura di un diario, in cui gli eventi sono raccontati da un punto di vista esterno e che nel lungo periodo può diventare una semplice registrazione di fatti accaduti, nel Therapeutic Journaling l’attenzione si concentra sulle esperienze, sulle percezioni di ora e di allora, interne allo scrittore stesso: egli legge la propria mente e le proprie reazioni, le descrive, le contestualizza fino a renderle più chiare, quindi maggiormente comprensibili e di conseguenza più assimilabili.
Nel 1975 Progoff pubblica “At a Journal Workshop”, il primo libro che propone una serie di esercizi che utilizzano la scrittura come strumento per il benessere: il fine è consentire allo scrittore di posizionarsi nel movimento della propria vita, diventare consapevole di quando agisce da spettatore e quando da regista e, in questo processo di responsabilizzazione, diventare libero di scegliere e capace di accettare con maggior serenità gli alti e i bassi della vita.
Il primo studio clinico sulla scrittura espressiva lo dobbiamo a James Pennebaker che, nel 1986, chiese ad un campione di studenti universitari di scrivere per 15 minuti, per quattro giorni consecutivi, l’esperienza più traumatica da loro vissuta.
In questo e nelle successive analisi si è potuto evidenziare come, seppur subito dopo l’esercizio, i partecipanti rilevassero un aumento di disagio o di cattivo umore, causato dall’esplorazione di un ricordo doloroso, a lungo termine ci fosse un aumento generale del benessere: miglioramento della salute fisica ed emotiva, maggior dinamicità e maggior senso di serenità, miglioramento delle funzionalità polmonari e aumento della risposta immunitaria, solo per citarne alcuni. La teoria di Pennebaker porta l’attenzione sul dispendio di energia che viene impiegato per accantonare le esperienze dolorose o le sensazioni di disagio: questo continuo sforzo fa si che il nostro sistema nervoso, ed a cascata il nostro corpo, viva in una situazione di stress latente che col tempo indebolisce il nostro sistema proprio perché affrontare un trauma, o un dolore, o una paura, scrivendone e quindi riconoscendo le emozioni, riduce automaticamente il lavoro fisiologico di inibizione, il nostro tentativo di “non vedere”.
Scrivere aiuta a organizzare e strutturare i ricordi: la produzione di una narrativa, seppur disordinata, porta ad una maggior comprensione del nostro ruolo all’interno dell’evento, del contesto e delle dinamiche, arrivando così a diminuire la pressione emotiva interna, permettendo un processo di graduale rilascio.
In Italia l’uso della scrittura espressiva come mezzo di scoperta ed analisi del Sé viene portata avanti da Duccio Demetrio che in Toscana ha fondato la LUA, Libera Università dell’Autobiografia.
Scrivere un’autobiografia viene vissuto come un atto trasformativo: dal sentirsi al centro del mondo a scoprirsi parte di una famiglia, immersi in un mondo; scrivere porta il soggetto a darsi valore, a dare valore alla sua dignità ed alla sua storia ma allo stesso tempo gli insegna ad ascoltare tutte le storie che alla sua s’intrecciano, fino ad allargare l’orizzonte ed abbracciare l’altro.
Per comprendere il valore della scrittura è necessario capire il funzionamento del nostro cervello, in particolare del nostro sistema nervoso, e la gestione della memoria. Il sistema nervoso svolge un ruolo fondamentale in quasi ogni aspetto della nostra vita: guida le attività quotidiane come il risveglio; quelle automatiche come la respirazione e processi complessi come pensare, leggere, ricordare e provare emozioni. Il sistema neuroendocrino rilascia sostanze chimiche, note come ormoni, in reazione ad uno stimolo, precisamente in risposta ad un segnale elettrico o chimico dato dal sistema nervoso.
A specifiche emozioni corrispondono determinati mix chimici, un misto di ormoni e neurotrasmettitori, che inuenzano specici comportamenti.
Quindi il benessere è la somma delle sostanze chimiche che il corpo produce e questo risultato è all'origine dei comportamenti. Allo stesso modo la memoria è un processo riconducibile a neuroni e sinapsi, semplicando ciò che compone e le vie di collegamento interne al cervello. Un ricordo è una rete neurale che si attiva secondo una precisa sequenza e che influenza a cascata il rilascio di determinati ormoni che a loro volta influenzeranno le funzioni dei nostri organi e più in generale dell’intero corpo. Le scoperte sulla fisicità delle emozioni e dei ricordi, intesi come ormoni capaci di modificare la chimica del nostro corpo, sono la base di studio delle ricerche sull’efficacia della scrittura.
L’atto di scrivere a mano ha effetti diretti sul nostro cervello: la stimolazione delle aree visive, sensoriali e motorie permette la creazione di nuovi cammini neuronali andando ad influenzare le emozioni legate ad esperienze e ricordi e di conseguenza modificandone la risposta ormonale.
Non è un processo analitico ma corporeo: attraverso l’atto pratico di scrivere portiamo a galla una narrativa già presente e condizionante del nostro sistema nervoso, avviando un processo di rilascio.
Esistono ad oggi diversi modi di vivere e volgere a nostro servizio la scrittura: il più famoso viene chiamato Journaling, letteralmente “scrivere sul diario”. Di questa tecnica fanno parte i bullet journal, i diari della gratitudine e della manifestazione,, la scrittura creativa, i diari intensivi, il journaling out ed il therapeutic journaling.